Altomare A, Putignani L, Del Chierico F, Cocca S, Angeletti S, Ciccozzi M, Tripiciano C, Dalla Piccola B, Cicala M, Guarino MPL.
Digestive and liver disease: official journal of the Italian Society of Gastroenterology and the Italian Association for the Study of the Liver; Dic 2018.
Il ruolo del microbiota è un soggetto sempre più discusso dalla letteratura moderna nella patogenesi di molti disturbi, dall’obesità, al diabete, all’artrite reumatoide sino alle più note patologie del tratto gastrointestinale. Una condizione di disiosi è infatti fortemente correlata all’evoluzione di patologie croniche a carico dell’intestino, soprattutto in relazione a patologie come Morbo di Crohn e Rettocolite ulcerosa. L’ipotesi più accreditata si fonda sulla possibilità che l’alterazione di una corretta omeostasi batterica predisponga i tessuti ad uno stato infiammatorio conducendo ad un’aberrante risposta immunitaria nei confronti di antigeni del lume gastrico. Molti studi hanno ormai dimostrato, in vitro, come l’alterazione del microbiota favorisca lo sviluppo di coliti di grado severo in modelli animali.
L’obiettivo dello studio è quello di valutare la composizione microbica di campioni prelevati da mucosa intestinale e campione fecale in una coorte di pazienti affetti da IBD in confronto a quelli prelevati da un gruppo di controllo sano. I campioni raccolti sono stati amplificati con Sonda di Sequenziamento genomico e suddivisi in cluster (Operational Taxonomic Units) correlati per similarità nucleotidica e successivamente identificati come unità tassonomiche utilizzando il database Greengenes. Come previsto, l’analisi ha mostrato una netta riduzione della flora batterica intestinale nei campioni analizzati nei soggetti malati, rispetto ai controlli. Lo studio ha inoltre consentito di tipizzare con elevata specificità i profili microbiologici descrivendoli singolarmente e dimostrando come i campioni della mucosa gastrica, più dei campioni fecali, differenzino significativamente tra i pazienti sani e quelli malati. Questo risultato permette di ipotizzare come questi ultimi possano trasformarsi, nella futura pratica medica, in biomarkes specifici di malattia e predittori prognostici nella valutazione dello stato di evoluzione di patologie croniche, oltre che un nuovo target di trattamento da potenzialità ancora sconosciute.
Commento a cura di Dr.ssa Giulia Baresi (SIRP Junior)