Uno dei capitoli nuovi delle immunodeficienze primitive riguarda la suscettibilità ad infezioni da singolo patogeno. Per anni ci si è chiesti la ragione per cui individui diversi che contraggono una infezione dallo stesso microrganismo presentino quadri di gravità differente. Una delle risposte più ragionevoli a questa domanda ma scarsamente documentata da prove scientifiche è che ciascun individuo presenti una modalità differente di rispondere agli agenti infettivi in parte legata al suo aplotipo HLA (“l’io biologico” del prof. Burgio). Solo in questi ultimi anni è stato possibile identificare una associazione genetica chiara tra “l’io biologico” e la gravità dell’infezione: l’associazione non riguarda i loci dell’HLA ma singoli e specifici geni. Al riguardo, uno dei modelli più studiati è la suscettibilità a infezioni da micobatteri tipici e atipici la cui gravità è stato dimostrato essere legata a mutazioni di geni che sono coinvolti nella immunità protettiva mediata dall’IFN. Il lavoro qui commentato identifica un nuovo difetto genetico che va ad arricchire le nostre conoscenze sulla suscettibilità mendelliana a questo tipo di infezioni. Gli autori hanno studiato 3 pazienti appartenenti a due famiglie di origine araba nati da genitori consanguinei che, in seguito alla vaccinazione alla nascita con BCG, hanno sviluppato una importante linfoadenopatia generalizzata con fistolizzazione e lesioni ulceronecrotiche diffuse. Utilizzando la “whole-exome sequencing” hanno identificato nei pazienti mutazioni del gene ISG15. Questo gene codifica per una proteina che induce la produzione di IFNg da parte delle cellule T e NK; le mutazioni descritte impedivano la sintesi della proteina. Nei pazienti analizzati la stimolazione con BCG induceva una scarsa produzione di IFNg, mentre normale risultava la produzione di IL12 a dimostrazione che l’asse IFNg/IL12 era integro. Questi dati oltre ad identificare un altro difetto genetico che va ad arricchire il capitolo della suscettibilità mendelliana alla infezione da micobatteri, dimostrano come le numerose vie coinvolte nella difesa contro questi patogeni non siano ridondanti perché l’integrità di una via non consente di vicariare il difetto di un’altra via.
Commento di: Alessandro Plebani
University of Brescia-Spedali Civili