Da troppo tempo ci si dedica pressoché totalmente ad affrontare il problema della prevenzione dell’obesità sotto il profilo del comportamento, della qualità dell’alimentazione, dell’attività fisica, in sostanza dello stile di vita. E’ ovvio che tutto ciò è importante; ma se analizziamo attentamente le indicazioni proposte ed esaminiamo ad esempio le linee guida della SIP in tema di obesità non si può evitare di fare alcune considerazioni. Senza avere atteggiamenti negativi, se esse devono essere un valido strumento di lavoro dobbiamo tenere presente che qualunque buon artigiano conosce i limiti degli strumenti che usa e gli effetti derivanti da un inadeguato impiego di essi. Vediamo.
Parte di quanto riportato nelle linee guida è mutuato dalle indicazioni avanzate per l’adulto. Dopo decenni di lotta per fare accettare la nostra convinzione che il bambino sia diverso dall’adulto, ritorniamo ai vecchi atteggiamenti mentali di scopiazzare i colleghi internisti. Si avanzano così indicazioni che lasciano perplessi. Se i bambini sono diversi quando abbiamo a che fare con le malattie perché devono diventare uguali all’adulto negli schemi di prevenzione?
Parte di ciò che è proposto è frutto di estrapolazioni, deduzioni, opinioni, e così via. Tutto valido, per carità, ma quanto c’è di scientificamente dimostrato? Su cosa si basano le nostre convinzioni? Sulle deduzioni dei risultati che derivano dagli studi osservazionali?
Studi belli forse, ma al più idonei ad avanzare ipotesi, interessanti quanto si vuole, ma che richiedono ben altro per essere trasformate in realtà scientificamente accettabili. Il recente bel lavoro di Bedogni e Agostoni su Prospettive in Pediatria, nel numero di giugno 2012, mette chiaramente a fuoco i problemi della ricerca in campo nutrizionale.
Poiché non abbiamo di meglio, consideriamo pure tutto quanto proposto in queste linee guida valido e raccomandabile, se non altro per tentare di limitare il grosso rischio della sindrome metabolica; ma dobbiamo anche porci qualche domanda. Quanto tempo sarà necessario perché le famiglie adottino estesamente quanto è raccomandato? Quanto di esso verrà in realtà applicato? Alla fine, ammesso che tutto si realizzi nel modo migliore, quale sarà il risultato sull’epidemiologia dell’obesità del bambino? E’ chiaro che resta tutto da vedere.
Nel frattempo, affidare tutto il nostro impegno a queste misure può risultare limitativo e talora anche controproducente. Per ora quel che si rileva è solo un uso eccessivo di slogan, di individuazioni un poco semplicistiche di bersagli nella televisione, nelle merendine, e simili “pericolosi nemici”. Le nostre armi vengono identificate nella frutta, nella verdura, nell’importanza della prima colazione, e in altre indicazioni di questo tipo. Ciò porta le famiglie e, purtroppo, anche molti nostri colleghi a impostare il tema in maniera semplice nella convinzione che basti l’adozione di alcune proposte di questo tipo per affrontare il problema. Le madri aboliscono i cibi incriminati, portano i bambini a fare per due ore la settimana un po’ di sport; i pediatri si impegnano a raccomandare la frutta e la verdura con il risultato di trasformare le tavole in campi di battaglia fra i genitori e i figli, i quali proprio non ne vogliono sapere di verdura e ben poco di frutta, forse con qualche ragione.
E l’obesità dei bambini aumenta! Del resto: se un eccesso ponderale deriva inevitabilmente da un apporto alimentare che supera il consumo energetico, se, a conti fatti, è sufficiente un modesto eccesso giornaliero di calorie rispetto a un presunto equilibrio energetico raccomandabile, suddividendo questo eccesso in calorie introdotte in più e calorie consumate in meno ci si rende conto che i fattori che intervengono a produrre l’obesità possono essere impalpabili e sfuggire ad un controllo che non sia sufficientemente assiduo e puntiglioso. Se un Kg di tessuto adiposo corrisponde a settemila KCal, con 60 KCal in più al giorno un bambino realizza 3 Kg di troppo ogni anno e riesce ad ottenere questo eccesso anche senza abbuffarsi di merendine e a televisione spenta. Certo, si potrà dire che il rapporto fra energia e massa corporea è complesso e influenzato da molteplici fattori; ma il risultato è pur sempre quello ! Del resto anche il valore della moneta di un paese è sotto l’influenza di molte variabili, ma resta l’indice di base della economia.
Allora, quella da battere è proprio la strada che abbiamo seguito finora? o, forse, è meglio chiedersi: è solo quella?
Facciamo il confronto con la lotta ai tumori. Non vi sono dubbi che sono importantissimi i programmi di prevenzione basati sull’uso corretto dei cibi, dello stile di vita, dell’eliminazione della contaminazione ambientale. Quanto tempo ci vorrà prima di ottenere su questa strada risultati concreti? Quanto si riuscirà realmente a correggere? Quali saranno poi i risultati sulla reale incidenza dei tumori? E’ tutto da vedere.
Nel frattempo i risultati veri, anche se ancora largamente insufficienti, derivano soprattutto da due cose: la diagnosi precoce e la terapia adeguata.
Allora non sarebbe il caso di incidere di più su questi mezzi anche nella lotta contro l’obesità del bambino?
Potremmo deciderci ad individuare i fattori di rischio più validi, trascurando quelli poco convincenti e che possono suscitare il sospetto di rivestire valenze di tipo commerciale, in modo da formulare indici utili per selezionare soggetti a rischio. In questi, fin dai primi anni di vita (con il dovuto rispetto per il lattante), si tratterà di svolgere impegnativi e realmente incisivi programmi di controllo dello sviluppo ponderale e di informazioni per le famiglie, anche allo scopo di fornire al bambino le conoscenze per sapere convivere con la sua tendenza a sviluppare l’obesità. Si tratta di proporre ai colleghi pediatri di famiglia “bilanci di salute” con rilevazioni, diciamo semestrali, di peso ed altezza fino almeno ai 12 o 13 anni di età, in modo da cogliere tempestivamente incrementi ponderali sospetti ed agire di conseguenza. Ad una politica di informazione di base per tutte le famiglie si assocerebbe così un’attività più decisamente tesa a limitare lo sviluppo dell’obesità nei soggetti predisposti.
Forse anche così il problema potrà essere risolto solo parzialmente, ma intanto si tratterebbe di fare qualcosa di concreto.
Autore: Adriano Falorni